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- Quanto fa ics più ics?

- Ics alla seconda.

- Adesso immagina la situazione: ti do un cazzotto sul naso. Ti do un altro cazzotto sul naso. Quanti cazzotti hai preso?

- Due cazzotti.

- Ottimo! Quanto fa ics più ics?

- Due ics.

- quanto fa 8 meno 10?

- 2

- e 10 meno 8?

- 2

- quindi sono uguali?

- no, 8 - 10 non di può

- proviamo con un esempio: tu hai 8 euro, hai bisogno di spendere 10 euro per il pranzo. Come fai?

- non mangio

- io ho dei soldi da prestarti se ti servono...

- no grazie

- ma non puoi non mangiare!

- non fa niente, non ho fame

- si ma devi risolvere il problema!!

- l'ho risolto,non mangio

- ma così non risolvi la sottrazione!!! Ragiona sul fatto che io posso prestarti dei soldi...

- non li voglio

- ma nel problema tu li vuoi!!!!

- va bene, allora mi dia 10 euro che pago il pranzo

- ma 8 li hai già!!!!!

- fa niente, visto che me li presta mi tengo in tasca gli 8 euro che non si sa mai

- ahahahahahahahahahah!!!!!

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- Cos'è la moda?

- La moda è...quello che va di moda!

- Grazie ma non puoi usare la parola stessa per definirsi. Prova con altre parole.

- La moda è quello che ci piace.

- Perché vi piace?

- Perché ci piace!

- Ma è di moda se piace solo a te?

- No, è di moda se piace a tutti.

- Ok, quindi possiamo dire che la moda è qualcosa che va per la maggiore? Ossia che piace alla maggior parte delle persone?

- No, se è brutto non è di moda.

- Mmh...ma tu non puoi dire cosa è bello o cosa è brutto in assoluto, puoi dire cosa piace o non piace a te.

- E' lo stesso.

- No, non è lo stesso. Il gusto è personale, la bellezza ha caratteri più oggettivi. Ad ogni modo, diciamo che una cosa è di moda se incontra il gusto della maggior parte delle persone, va bene?

- Va bene.

- E' così anche in statistica. La moda è un indicatore centrale che sintetizza i dati semplicemente scegliendo quello che risulta più volte, quello con la frequenza più alta. Hai capito?

- Si, ho capito, è facile.

- Bene. Quindi cos'è la moda in statistica?

- Il più bello.

- @#$!!!!$%£#@#@#@!!!!

Proporzione è la possibilità di modificare le grandezze di qualcosa mantenendo inalterata una proprietà.

Ad esempio le dimensioni di una fotografia sono in proporzione perché posso modificarle raddoppiandole senza che l'immagine venga deformata. Solo ingrandita.

Le quantità di ingredienti in una torta sono proporzionali al numero di porzioni perché raddoppiando i primi raddoppia la grandezza della torta e quindi il numero di persone. Quello che invece resta inalterato è il gusto della torta.

Quando le grandezze variano nella stessa direzione (come in questi esempi) la proporzionalità si dice diretta.

Può capitare però che che le grandezze varino in direzioni opposte. In questo caso parliamo di proporzionalità inversa.

Un esempio è la velocità con il tempo: se raddoppio la velocità dimezzo il tempo per arrivare a destinazione. Ciò che non varia in questo caso è la distanza.

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Un'equazione non è altro che una regola, un vincolo che la situazione ci pone e che mette in relazione tutte le informazioni che abbiamo. Se conosciamo queste informazioni avremo dei numeri, se non le conosciamo invece delle lettere, con le quali formeremo dei monomi.

Queste informazioni ci possono parlare di cose da mettere insieme (somma), da tirare via (sottrazione), di qualcosa che si ripete ciclicamente un certo numero di volte (moltiplicazione) oppure di raggruppamenti (divisione).

Sta a noi ricostruire il tutto per formare un'equazione.

- Quanto fa 2 + 5?

- 7

- Bravo. E quanto fa 7 - 3?

- 4.

- Molto bene. E 3 - 7?

- 4.

- No. Fa attenzione...

- Vero, non si può fare perché 7 è più grande di 3.

- Non proprio. Proviamo a riflettere. Siamo abituati a pensare ai numeri come al conteggio degli oggetti.

Proviamo a pensare ai numeri come a degli spostamenti. Supponiamo di partire dalla hall di un grande albergo e da li spostarci su e giù per i suoi piani.

I numeri naturali allora divengono i piani di questo albergo, che si stagliano alti verso il cielo mentre i numeri con segno negativo sono i piani interrati, i garage, le cantine.

Se parti dal secondo piano e sali di altri cinque piani dove arrivi?

- Al settimo piano.

- Ok, e se dal settimo scendi di tre piani?

- Arrivo al quarto.

- Molto bravo. E se dal terzo vuoi scendere di sette piani?

- ahahahahahah!!!

- Cosa ti fa ridere?

- Ma cosa ci vuole andare a fare all'inferno? Non possiamo uscire dalla hall?

- @#$!!!!$%£#@#@#@!!!!

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- Cosa dice il teorema di Pitagora?

- ipotenusa uguale radice quadrata di cateto uno alla seconda meno cateto due alla seconda

- questa è la formula, comunque attento, c'è un errore

- allora è più, non meno

- va bene, ma il teorema cosa dice?

- quello che ho detto

- il quadrato costruito sull'ipotenusa è uguale a...

- ...

- è uguale alla somma dei quadrati...

- ...

- dei quadrati costruiti sui cateti. Questo dice il teorema di Pitagora

- è quello che ho detto io?

- in un certo senso si ma la tua è una formula per trovare l'ipotenusa. E se dovessi trovare un cateto?

- userei la formula inversa

- la sai?

- quella del cateto uno o del cateto due?

- fa lo stesso

- si ma sono diverse

- no, non lo sono, comunque dimmi quella del cateto uno

- cateto uno uguale radice quadrata di cateto due alla seconda più ipotenusa alla seconda

- attento, sbagli di nuovo

- allora meno, non più. Però prima mi ha detto più e non meno

- prima cercavi l'ipotenusa

- è lo stesso

- no, non lo è e comunque c'è un altro problema. La formula fa la sottrazione tra il quadrato dell'ipotenusa e quello del cateto, non viceversa

- è lo stesso

- no, non lo è. Prova con la calcolatrice

- così mi da 7, così mi dice errore

- hai visto che non è lo stesso?

- se mi da errore c'è un errore, ma potrebbe essere lo stesso

- no, ti da errore perché la sottrazione da un numero negativo e non esiste la radice di un numero negativo

- e allora perché me l'ha data?

- nessuno te l'ha data, hai sbagliato la formula

- il teorema di Pitagora è troppo difficile!

- ma no, non lo è! Dimenticatelo e rimpariamolo da capo provando a ragionare su un problema. Un vecchio zio d'america ti lascia un'eredità. Puoi scegliere questo terreno quadrato oppure questi due insieme (disposti a formare un triangolo rettangolo ndr). Quale scegli?

(to be continued...)

(...continua)

- Un vecchio zio d'america ti lascia un'eredità. Puoi scegliere questo terreno quadrato oppure questi due insieme (disposti a formare un triangolo rettangolo ndr). Quale scegli?

- scelgo i due

- Perché?

- Perché sono due!

- Se è per questo anche il terreno solo puoi dividerlo in due come ti pare

- Si ma nei due ha disegnato due ville, due garage e due piscine

- E se ti disegnassi due ville, due garage e due piscine anche qui diresti ancora i due?

- No, prenderei l'uno

- Perchè?

- Eh ma profe! Non le va mai bene niente!!!

- Il perché è l'unica cosa che mi interessa delle scelte che fai

- Lo scelgo perché se continua a chiedermi cose significa che ho scelto male. Però mi sta di nuovo chiedendo cose quindi forse ho sbagliato ancora

- Oppure non stai dando mai motivazioni valide

- Allora me lo dica lei

- Scegli quello che ti pare, è indifferente

- E allora perché ne stiamo parlando da 10 minuti???

- Perché il terreno solo e la coppia sono grandi uguali, lo dice il teorema di Pitagora, ma tu devi sempre fare scelte nella vita. Non importa quale criterio usi, purché tu scelga. Se va bene a te allora va bene anche a me

- Ho capito

- Davvero?

- No, lei è contorto!

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- In quale mese si legge l'aumento maggiore di questo grafico a linee?

- febbraio

- no, attento. A febbraio raggiunge il punto più alto ma non è l'aumento maggiore

- se è il punto più alto è anche l'aumento maggiore

- l'aumento maggiore è quando cresce di più. Pensa al tuo motorino. Se parti da fermo e arrivi a 50 km/h dopo 5 secondi hai accelerato tanto o poco?

- Tanto

- Se stai andando a 60 km/h e dopo 5 secondi vai a 61 km/h hai accelerato tanto o poco?

- Praticamente non ho accelerato

- Ecco. L'aumento maggiore è da 0 a 50 ma la velocità massima è 61 km/h. Hai capito?

- profe, se parliamo di moto capisco qualsiasi cosa!

- Quanto fa il cubo di 3?

- 9

- Il cubo è 27

- Ma profe, 3*3 fa 9

- Per fare il cubo devi elevare alla terza, non moltiplicare per 3

- Non è la stessa cosa?

- No, moltiplicare per 3 vuol dire fare il triplo

- Triplo e cubo non sono la stessa cosa?

- No, il triplo vuol dire prendere una cosa tre volte. Pensa alla mancetta che ti da nonna: se ti da 5 euro per tre volte in tre sabati consecutivi, quanti soldi ti ha dato?

- Troppo pochi...

- Non essere tirchio, è un regalo!

- Me ne ha dati 15

- che è il triplo di 5

- Il cubo invece è come lo spazio che occupa questo dado. 5 centimetri da questa parte per 5 centimetri da quest'altra sono 25 centimetri quadrati di area, per 5 centimetri di altezza diventa un volume di 125 centimetri cubi.

- Ok, quindi tre volte significa per tre, il cubo significa elevare alla terza.

- Bravo, ora è chiaro?

- Si, ma che nonna tirchia che ho...

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Qual è la differenza tra un ragazzino che non capisce i monomi e uno che non capiva i monomi?

Iniziamo col "farglieli vedere".

Un buon modo per iniziare ad introdurre i monomi è quello di utilizzarli come unità di misura: sono lettere che si pospongono ai numeri, si sommano solo quelle uguali, nel prodotto/divisione anche l'unità di misura diventa moltiplicata/divisa e se è la stessa per entrambi i fattori/divisori si usano le proprietà delle potenze.

Partendo da queste considerazioni, iniziamo a proporre i monomi come kg di farina, litri di acqua, metri di strada e sarà più semplice poi astrarre.

- calcolo delle probabilità: la formula è semplice, dividiamo i casi favorevoli per i casi totali. Il difficile, a volte, è riuscire a contare quanti sono

- contare è difficile?

- beh, può essere. Ad esempio, se ho 10 biro, 6 blu e 4 rosse, e devo prenderne 2, sai dirmi quante probabilità ho di prenderne due dello stesso colore?

- Eh, ciao!

- Ecco, lo vedi? Andiamo però con ordine. Se pesco a caso una biro quante alternative ho?

- 10

- Bene. Adesso ripesco a caso, quante alternative ho?

- Ancora 10

- No, 9. Una l'ho già presa, ricordi?

- Vero

- Per ciascuna delle 10 biro che posso prendere avrò 9 alternative di coppia, giusto?

- Giusto

- Quindi quante possibilità ci sono?

- 10

- No

- 19

- No, non sparare numeri a caso. Con che operazione rappresentiamo 10 possibilità diverse di abbinare 9 biro?

- Boh

- Allora te lo dico così, per 10 volte puoi scegliere la biro tra 9

- 10 per 9? 90?

- Esatto, 90! Adesso suona la campana quindi la prossima volta vediamo come calcolare i casi favorevoli

- Non vedo l'ora...

(continua...)

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(...continua)

- Ciao, dobbiamo calcolare quanti sono i casi favorevoli nel problema delle biro, ricordi?

- ahimé si

- Dai, non sarà così tragico. Dunque abbiamo 6 biro blu e 4 rosse e il caso favorevole, la vittoria, è quando ne estraiamo due dello stesso colore

- Perché dovrebbe essere una vittoria?

- E' una specie di gioco

- Ah...vabbé

- Supponiamo che tu abbia estratto la prima biro blu, conta quante opportunità di vincita hai

- 5 perché nel sacchetto ci sono altre 5 biro blu

- Bravo! Tutto questo si ripete per ciascuna delle 6 biro blu che puoi prendere, giusto?

- Va bene

- Quindi quante possibilità diverse ci sono?

- 6

- No

- 11..ah no, no...ricordo il giochino dell'altra volta, è 6 * 5 quindi 30

- Perfetto, 30. Adesso prova da solo a calcolare le biro rosse. Sono 4...

- 12?

- Bravo vedi che hai capito! Ricapitolando ci sono 30 vittorie con le biro blu e 12 vittorie con le rosse. In tutto fanno...

- 42 vittorie su 90 possibilità

- Perfetto! Grande!!

- Inizia a piacermi la probabilità...

- La moltiplicazione è un'addizione?

- No

- Cos'è un'addizione?

- La somma

- Mmh...ma cosa fai nella realtà?

- Conto quante cose ci sono

- Esatto. L'addizione non è altro che riunire e contare gli oggetti. La moltiplicazione invece cos'è?

- Il per

- Ok ma nella realtà cosa fai?

- Boh, faccio le tabelline

- Ok, proviamo a ragionare così: al tuo bar vengono consegnate 30 casse di acqua, ognuna ha 6 file di bottiglie e ogni fila contiene 4 bottiglie da 0,75l. Quanti litri di acqua hai comprato?

- Eh ciao!

- Puoi contarli tutti se vuoi...

- Ma anche no!

- Ok, allora proviamo con le moltiplicazioni. 6 file per 4 colonne sono 24 bottiglie a cassa, giusto?

- Giusto

- 24 bottiglie per 30 casse sono 720 bottiglie, giusto?

- Mi fido dei suoi calcoli!

- 720 bottiglie per 0,75 litri ciascuna sono 540 litri, dico bene?

- Dice sempre bene!

- Le moltiplicazioni ci sono servite a contare

- E' vero, quindi sono come le somme?

- Di più! Le moltiplicazioni sono addizioni! Sono delle particolari addizioni in cui l'addendo è sempre la stessa quantità per un certo numero di volte. Quando scrivi 3 x 4 stai dicendo che per 3 volte devi sommare il 4. Quindi in realtà la moltiplicazione è un particolare modo di scrivere alcune addizioni speciali

- Ho capito, ma se avessimo parlato di bottiglie di birra avrei capito anche prima!

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C'è stato un tempo in cui Maria Montessori diceva frasi come:

"Quando si parla del bambino gli animi si raddolciscono; l’umanità intera condivide l’emozione profonda che viene dal bambino.

Il bambino è una sorgente d’amore; quando lo si tocca, si tocca l’amore.

Il più grande segno di successo per un insegnante è poter dire: i bambini stanno lavorando come se io non esistessi.

La scuola è quell’esilio in cui l’adulto tiene il bambino fin quando è capace di vivere nel mondo degli adulti senza dar fastidio.

Una prova della correttezza del nostro agire educativo è la felicità del bambino.

Molto si è parlato in questi ultimi tempi dei diritti dell’uomo, e specialmente dei diritti del lavoratore, ma è giunto il momento di parlare dei diritti sociali del bambino.

Il bambino è un corpo che cresce e un’anima che si svolge.

Mai aiutare un bambino mentre sta svolgendo un compito nel quale sente di poter avere successo.

Per insegnare bisogna emozionare. Molti però pensano ancora che se ti diverti non impari"

Eravamo a cavallo tra il 1800 e il 1900 eppure sembrano parole di ieri, parole che ancora oggi non trovano realizzazione.

"il potere cognitivo, le capacità di imparare e le

attitudini all'apprendimento vengono incrementate

mantenendo l’ambiente dell’apprendimento legato al contesto

culturale. ... È ben documentato il fatto di bambini e adulti

che riescono “matematicamente” bene nel loro ambiente non

scolastico, a contare, misurare, risolvere problemi e giungere

a delle conclusioni usando arti e tecniche volte a

spiegare, comprendere, far fronte al loro ambito, che hanno imparato nel loro ambiente culturale” (D’Ambrosio - 1995)

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"La bellezza è oggettiva?"

Spesso mi è capitato di introdurre una lezione con questa domanda. I ragazzi rispondo sempre convinti e lanciatissimi: "No!" ma sotto sotto non ci credono nemmeno loro.

Allora io provocatoriamente rispondo: "E invece si, la bellezza è matematica!" ma so già che non è questo che voglio che imparino.

Iniziamo da qui un affascinante percorso dentro la proporzione aurea che sancisce un concetto di "oggettivamente bello" per poi arrivare a come la bellezza estetica delle persone, uomini e donne, sia invece evoluta nel tempo a seconda di vari aspetti socio-culturali.

A cosa serve allora il riferimento oggettivo delle proporzioni corporee? A stabilire una "linea" tendenziale a cui le varie mode dei periodi comunque ritornano sempre.

Possono essere in voga fianchi larghi e seni grossi piuttosto che figure magre e slanciate e gambe lunghissime, eppure il tempo ci restituisce sempre la forma armoniosa delle proporzioni corporee come riferimento e nel corso dei secoli si alternano di decennio in decennio gusti che si spostano sempre di "un po'" da questo ideale per poi avvicinarcisi di nuovo.

Di solito queste lezioni finiscono con la sensazione, mia e dei ragazzi, che alla fine ciascuno di noi è bello a modo suo perché la bellezza oggettiva è propria solo della matematica, quindi di un mondo astratto che non esiste, e ciò che piace oggi non piaceva ieri e non piacerà domani a vantaggio di altre forme modiaole.

Riflettere sul significato della bellezza aiuta un po' tutti a sentirsi un po' più belli, ed è realmente così. Perché ciascuno è bello a modo suo!

Talvolta mi azzardo anche a dire che le nostre imperfezioni rispetto al modello sono ciò che ci rende veramente belli perché originali, un po' come i vasi rotti cinesi che vengono restaurati usando l'oro, facendo acquisire a loro grande valore in quanto unicità assolute! Ma questa è un po' più tosta da digerire per tutti...

- Che cos'è una funzione?

- ...

- Una funzione è una relazione tra due insiemi...

- ...

- ...chiamati dominio e codominio. La funzione associa ad ogni elemento dell'insieme dominio uno e un solo elemento dell'insieme codominio

- ...

- Ok, ricominciamo. Hai presente i numeri?

- Si

- Ok, partiamo da un insieme di numeri. Tutti i numeri che esistono li mettiamo in un insieme

- Ok

- Una funzione è come un tritacarne...un trita-numeri per l'esattezza

- Mmh...

- Si, una funzione è come un robot da cucina che prende il tuo ingrediente, un numero, e lo trasforma in qualcosa d'altro. Nel nostro caso un altro numero

- Ok, stiamo dicendo quindi che una funzione sono operazioni che faccio su un numero per averne un altro?

- Si, è così

- Ecco, se lo spiegavo io facevamo prima!

- Ahahahah!!! Ok, proseguiamo. Queste operazioni le puoi fare su ogni numero. Il risultato ovviamente potrebbe essere uguale in alcuni casi oppure sempre diverso

- Chiaro

- In questo modo abbiamo formato delle coppie: il numero da cui siamo partiti e quello che abbiamo ottenuto dopo la trasformazione

- Chiaro

- Perfetto. Questa coppia si può rappresentare come un punto sul piano cartesiano. Se rappresento tutti i punti ottengo una figura che avrà delle caratteristiche sempre diverse a seconda del tipo di robot da cucina che uso per trasformare i numeri

- Mi sta dicendo che partiamo con gli insiemi di numeri, facciamo le operazioni e finiamo con un disegno sul piano cartesiano?

- Si, non è bellissimo collegare tutto così?

- Mmh...se trovo quello che ha inventato sta roba lo gambizzo!

- Credo tu possa pensare a Cartesio, ma è già morto da un po', quasi 400 anni

- @#$!!!!$%£#@#@#@!!!!

- Ahahahahahahah!!!

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- velocità e tempo sono in proporzionalità diretta o inversa?

- ...

- capisco, allora poniamoci delle domande: la formula dice che velocità è uguale a spazio fratto tempo, giusto?

- giusto

- bene, a parità di tempo se aumenta la distanza da percorrere dovrò andare più veloce o più lento?

- come preferisci, dipende se sai guidare bene!

- non fare lo spiritoso, ti ho detto a parità di tempo

- ah, si, ok, allora direi che ci vuole una maggior velocità

- perfetto! Posso dire che raddoppiando la distanza devo raddoppiare la velocità?

- direi di si

- ecco, questa è la proporzionalità diretta

- capito. E quella inversa?

[driiiiiiiiiiiiin]

- te la spiegherò la prossima volta, adesso la lezione è fin...

l'attrattiva dell'intervallo è inversamente proporzionale a quella della matematica...

- ci siamo lasciati con la proporzionalità diretta, ricordi?

- si

- ok, riprendiamo ora lo stesso esempio: supponiamo di mantenere costante la distanza. Per arrivare in meno tempo dovrò andare più velocemente o più lentamente?

- più velocemente

- ottimo. Posso dire che per dimezzare il tempo devo raddoppiare la velocità?

- si, direi di si.

- bene, questa è la proporzionalità inversa perché al crescere di una grandezza l'altra cala di uno stesso fattore.

- direi che è semplice

- è semplice perché lo hai capito! E' sempre semplice quando lo capisci

- Profe ma lei insegna matematica o filosofia?

- Ahahahahahah!!! In realtà credo tu non sappia nemmeno quanto queste due discipline siano collegate e nella storia addirittura sovrapposte!

- Ooooh!!!

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"L’insegnante, è o non è un professionista? Non ha tra le mani uno dei compiti più sottili e complessi della nostra società, la formazione dei futuri cittadini? Formare menti ben fatte, far emergere le propensioni naturali, far amare la cultura in ogni

sua espressione, sviluppare opportuno ed acuto senso critico, capacità dialogica e capacità di ascolto, dare senso alle competenze, … Se uno ci pensa, la responsabilità sociale ed etica del docente è infinitamente superiore a quella del chirurgo, dell’ingegnere, dell’avvocato e del politico" (Bruno D'Amore)

Parole di una saggezza che non richiedono nemmeno un commento, solo di prendersi il tempo per lasciarle sedimentare.

La matematica è innata nelle persone. Il desiderio di contare, la capacità di mettere insieme, ordinare, raggruppare, togliere è innata nelle persone.
L'unica cosa che dovrebbe fare un bravo insegnante di matematica è lasciar emergere questa naturalezza per poi aiutare i bambini e i ragazzi a fare ordine e dare una forma a ciò che la natura ha già provveduto a donare.

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Oggi è una giornata particolare, gongolo.
Nel fine settimana hanno compiuto gli anni tre mie ex studentesse del CFP dei miei primi anni di insegnamento.
Una ragazza meravigliosa dopo essere diventata estetistica ha iniziato a lavorare, ha ripreso alle serali, si è diplomata come operatore socio-sanitario e ora ambisce a studiare ostetricia.
Una seconda ragazza meravigliosa dopo aver preso una qualifica professionale da operatrice della moda si è diplomata come perito meccanico e punta all'università.
Una terza ragazza meravigliosa la stessa storia: qualifica, poi gli studi di osteopatia e adesso guarda all'università per il suo futuro.
Sono grato di aver accompagnato queste persone per un tratto del loro cammino e sono grato di aver provato a contribuire a far nascere in loro il desiderio di non fermarsi lì.
Oggi cammino proprio a due metri da terra...

La moltiplicazione in colonna è solo un algoritmo ossia una sequenza di passaggi per trovare il prodotto. Non è LA moltiplicazione.

Ci sono altri metodi, senz'altro più divertenti, utili per chi ha bisogno di visualizzare e fatica a memorizzare procedure articolate.

Uno ce lo presenta sul suo canale YouTube Maria Silvia Fanucci:
https://youtu.be/Km8TIIAR2J4

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"Per esempio, se ho voglia di pensare a delle figure geometriche - e mi capita spesso - potrei immaginare un triangolo all'interno di un riquadro rettangolare. Mi chiedo quanta parte del rettangolo occupi il triangolo; due terzi, forse? Quel che è importante comprendere è che non sto parlando di un particolare disegno, né sto parlando di un triangolo di metallo che fa parte del sistema di travi di un ponte. Non c'è alcun fine recondito di tipo pratico in ciò che immagino. Sto semplicemente giocando. La matematica non è che questo: porsi domande, giocare, trastullarsi con la propria immaginazione. Tanto per cominciare, chiedersi quanta parte del rettangolo occupi il triangolo non ha nemmeno senso per degli oggetti fisici reali. Anche il triangolo materiale realizzato con il massimo della cura rimane sempre un insieme irrimediabilmente complicato di atomi che si agitano, cambiando forma continuamente. A meno che non si voglia parlare di misurazioni approssimate di un qualche tipo. Ed è proprio qui che interviene l'estetica, perché quel problema non è semplice, anzi, è un problema complesso che dipende da una serie di variabili e dettagli connessi con il mondo reale. Lasciamolo agli scienziati. Il problema matematico riguarda invece un triangolo immaginario all'interno di un rettangolo immaginario. I bordi sono perfetti perché io voglio che lo siano; ed è questo il tipo di oggetti ai quali preferisco pensare. Si tratta di un tema importante, in matematica le cose cono ci che desideriamo che siano". (Contro l'ora di matematica - P. Lockhart)

"- e i simboli + e -?

- è una storia di casse

- di casse?

- Intorno al 1500, in Germania, alcune merci venivano vendute dentro casse di legno. Quando erano piene dovevano pesare 4 centner (più o meno 50 kg). Se una pesava un po' meno, per esempio di 5 libbre, si scriveva 4c - 5l. Se pesava di più, diciamo di 3 libbre, si barrava il tratto e si scriveva sulla cassa 4c+3l. I segni sono poi passati dalle casse di legno ai fogli di carta e dal commercio all'algebra. [...]

- quindi il più è un meno barrato e differente è un uguale barrato.

- Giusto! In matematica ci sono molti modi di dire differente, precisando in che cosa due oggetti non sono la stessa cosa. Se si tratta di numeri si fa la differenza (a-b). Se la differenza non è nulla i due numeri non sono uguali. C'è un altro modo al quale non si pensa spesso: il quoziente. Se il quoziente è diverso da 1 i due numeri sono diversi.

- E gli altri simboli? La croce della moltiplicazione?

- E' un inglese, Oughtred, che l'ha inventata nel 1600.

- E maggiore e minore?

- Un altro inglese, Thomas Harriot, poco dopo.

- Perché uno è aperto verso destra e l'altro verso sinistra?

- Non ne ho idea. In effetti credo che sia aperto verso il numero più grande"

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- allora, proviamo a lavorare un po' sulle equazioni.

x + 2 = 2x + 6

x + 2 - 6 = 2x

Dimmi, questo passaggio è giusto?

- no

- perché?

- perché devo portare di la il 2x, non il 6

- quindi non serve, non è sbagliato...

- è lo stesso

- beh, le cose inutili non sono per forza sbagliate: puoi mangiarti le patatine fritte in sacchetto invece che i broccoli semplicemente per il gusto di farlo anche se sai bene che per lo scopo dell'alimentazione i broccoli sono più utili delle patatine, puoi guardare una serie tv per il gusto di farlo invece che studiare, anche se sai che per il tuo futuro studiare è più utile, ...

- ok ma lo schema dice che si fa così, le x di qua e i numeri di la

- e dice bene, ma lo schema ti vuole solo mostrare verso cosa devi tendere, qual è l'obiettivo finale e qual è il modo più rapido per arrivarci

- quindi lo schema è giusto, il resto no

- no, lo schema è funzionale, è utile, ottimizza il numero di passaggi da fare e il tempo per farli. La comprensione di cosa stai facendo invece dipende da te

- io non capisco niente di matematica

- allora dobbiamo riprendere i principi di equivalenza. Parte tutto da lì...

Colgo l'occasione di un recente scambio di opinioni per presentare una riflessione personale che ho postato in quell'occasione:

Credo sia difficile imputarmi contemporaneamente di proporre la matematica a schemi fissi, la matematica come religione, la matematica come filosofia. Mi sembrano visioni contraddittorie.

In genere chi ama la rigidità degli schemi matematici mi contesta l'eccessiva libertà e soggettività che propongo, di natura perlopiù filosofica, mentre i filosofi talvolta mi imputano l'eccesso di rigore, tipicamente matematico.

Mai però entrambe le cose insieme dalla stessa persona.

Io la matematica la concepisco così: libera dagli schemi rigidi di chi propone un modo solo per fare ogni cosa ma non troppo libera da non potersi definire in modo chiaro. Spesso a scuola questo "elastico" manca e normalmente manca a scapito della parte più filosofica della matematica. Lo studente viene visto che oggetto passivo della cultura di cui il docente è depositario.

Io trovo impossibile definire "un allievo". Ci sono i tredicenni e ci sono i diciottenni, ci sono gli studenti delle "scuole medie" e ci sono i liceali, ci sono i discalculici e quelli a cui la matematica viene immediata, facile, intuitiva.

Nel mio lavoro cerco di personalizzare l'approccio con CIASCUN ragazzo uno ad uno. Per la cronaca lavoro nella Ifp, quindi ragazzi tra i 14 e i 18 anni tra i più pratici, odiatori seriali della matematica, dove c'è grande concentrazione di DSA più o meno riconosciuti e grande varietà culturale e sociale.

A me risulta NECESSARIO abbandonare molti sistemi didattici tradizionali, mediare tra una lezione perfetta e una comprensione generale, pur approssimativa.

Mi risulta indispensabile anche proporre la matematica insita nella realtà, gli aspetti economici, quelli probabilistici e statistici.

Nei miei post non ho la pretesa di pubblicare contenuti altamente scientifici, andrei a parlare con una rivista specializzata se lo volessi, non ho la pretesa di inventare nulla o di insegnare nulla a nessuno da questa pagina Facebook, solo condividere spunti, riflessioni, materiali, approcci che possono aiutare il percorso di qualcuno.

Perché in ultimo, e qui riemerge il filosofo che è in me, non esiste l'insegnamento perfetto della matematica, esistono i percorsi che i insegnante fa negli anni per diventare il miglior docente possibile.

Mutuando dal mondo sportivo, l'allenatore perfetto non è quello che ha bisogno di atleti che possano giocare dentro ai suoi schemi ma quello che può produrre schemi adatti ai giocatori che ha.

E tutto ciò si impara crescendo.

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"educare quindi l'essere umano nella fase dell'adolescenza significa, per Montessori, aiutarlo ad attuare, nel modo ottimale, il "progetto olistico" che la vita stessa si prefigge di realizzare in questa fase di sviluppo, comprendendone le finalità. E se si vuole comprendere le finalità di questo "progetto olistico" è necessario, come già accaduto nei precedenti due piani di sviluppo, partire dall'attenta osservazione del modo in cui le leggi della vita operano in questa fase" (L'adolescente Montessori - Laura Marchioni)

"Monacello - Ma non credete che la verità, se verità è, si farà strada anche senza di noi?

Galileo - No, no, no! La verità riesce ad imporsi solo nella misura in cui noi la imponiamo; la vittoria della ragione non può essere che la vittoria di coloro che ragionano. Tu parli dei contadini dell'agro come se fossero il muschio che alligna sulle loro capanne! A chi mai può passare per la mente che ciò che a loro interessa, non vado d'accordo con la somma degli angoli di un triangolo? Certo che, se non si agitano, se non imparano a pensare, poco può aiutarli anche il più efficace sistema di irrigazione. Per tutti i diavoli, vedo bene La Divina pazienza della vostra gente; ma la loro Divina Furia dov'è?

Monacello - sono stanchi" (Vita di Galileo - B. Brecht)

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D- Dovete togliere quella bambolina di merda appesa al muro, mi da fastidio!

Classe- Ragazza di pelle colorata in modo non proprio tradizionale dalle nostre parti, sei gentilmente pregata di prendere il primo volo per il tuo paese d'origine dove potrai guardare a tutto ciò che è in linea con le tue tradizioni (detto in modo meno gentile, urlando e inveendo)

Io- Calma, calma, cerchiamo un attimo di ragionare sulle cose. D pone un problema, sei in grado di spiegarci senza usare certi termini fuori luogo cosa non ti sta bene del crocefisso?

D argomenta usando spiegazioni condivisibili da alcuni e meno da altri

Io- Ok, adesso classe potete argomentare la vostra posizione contraria?

La classe riprende ad inveire con insulti personali, parolacce, violenza verbale

Io- Fermi. Io sono indiscutibilmente dell'idea che il crocefisso debba rimanere dov'è in quanto simbolo della nostra tradizione cristiana ed elemento culturale che prescinde dalla religione, ma D ha ragionato in modo comprensibile ed argomentato correttamente mentre voi non siete stati capaci di difendere decentemente il vostro punto di vista. Adesso il crocefisso lo tolgo per quest'ora dopodiché se D vuole diventi una cosa definitiva scriva una richiesta per la direzione, se voi altri volete che non venga tolto fate lo stesso e chi deve decidere deciderà.

Temo con questo racconto di raccogliere un sacco di discussioni su "crocefisso si" o "crocefisso no" nelle scuole, ma mi auguro che l'intento della discussione coi ragazzi, avvenuta ormai una decina di anni fa, si mostri per quello che è ossia capacità di ragionamento logico contro fiato alla bocca.

Perché la scuola deve aiutare a sviluppare il proprio pensiero, non indottrinare al pensiero unico.

"- e le radici?

- cosa vuol dire radice di due? E' quel numero il cui quadrato vale 2. 2 è uguale a radice di due elevato al quadrato. Ci ricorda la radice di una pianta conficcata sotto terra che, quando si eleva, genera la pianta.

- Bella spiegazione"

(La matematica spiegata alle mie figlie - D. Guedj)

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Fin da piccoli impariamo a guardare agli oggetti, li organizziamo, li ordiniamo, impariamo a dare un significato alla loro numerosità ed un bel giorno compaiono nella nostra vita i numeri, preziosi alleati nell'arte di comprendere quanti siano gli oggetti numerosi con cui abbiamo a che fare, quelli che difficilmente a colpo d'occhio riusciremmo a soppesare.

Passano gli anni, la scuola primaria, la secondaria, il liceo e all'improvviso compaiono come dal nulla i vettori.

A questo punto scopriamo che non sempre possiamo limitarci a valutare una grandezza, confrontarla con altre grandezze dello stesso tipo, manipolarla attraverso la quantità che la determina ma ci sono situazioni in cui contano anche altri aspetti, nello specifico direzione e verso.

Così scopriamo che non sempre 5+3 fa 8 perché se si tratta di vettori dipende da come sono orientati.

A questo punto la domanda che mi pongo, che vi pongo, che nasce spontanea: perché non introdurre i vettori, l'idea della forza, i primi esperimenti con questa meravigliosa grandezza, col piano inclinato, con l'attrito, col peso insieme a grammi, litri e metri nella primaria?

Cosa suggerisce a me, oggi, in Italia, nel XXI secolo, insegnante di matematica nella Ifp la pedagogia di Paulo Freire?

Parecchie cose a partire dalla struttura:

Il modello ricerca - tematizzazione - problematizzazione è molto attuale e concreto: avendo a che fare con ragazzi adolescenti tendenzialmente poco inclini allo studio che hanno scelto una scuola in cui vengono indirizzati presto al mondo del lavoro questa struttura calza bene. Introdotto un tema, infatti, a me piace proporre ai ragazzi dei piccoli lavori di ricerca autonoma grazie ai quali chiedo loro di continuare a porsi domande e indagare alla ricerca delle risposte che, mi aspetto, aprano ad altre domande.

Tutta questa ricerca porta alla condivisione di parecchio materiale e qui l'abilità del docente lo porta a cercare di aiutare il gruppo classe ad organizzare le informazioni, dare nomi a quanto analizzato, inserire in una cornice di contesto storico o funzionale quanto visto. Da qui in avanti il docente può cercare di porre domande (compiti di realtà?) per spronare i ragazzi a riflettere e trovare da soli le loro risposte.

Un lavoro complesso, assolutamente poco canonico ma in cui credo molto innanzitutto perché porta a sviluppare un proprio pensiero critico e ad usare la matematica per scopi concreti come l'analisi, la critica, l'utilizzo di dati e non di sensazioni.

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La domanda delle domande: "a cosa serve studiare la matematica?"

Generalmente ci viene posta da quei ragazzi che faticano ad apprenderla e normalmente tutti i nostri tentativi di mostrare loro l'utilità della matematica per la vita di tutti i giorni non riescono a convincerli granché: a far la spesa riesco già, il gps funziona da solo anche se non so fare un tubo e così via.

Nella pagina web che trovate al link di questo post il tentativo di SuperProfItalia.

di dare la sua versione dell'utilità della matematica.

La verità però, purtroppo, è che anche questo tentativo non risolve i dubbi dei ragazzi.

Provo a dire la mia allora, LA MATEMATICA NON SERVE A NIENTE!

Hai letto bene, per la vita di tutti i giorni la matematica studiata alla primaria è più che sufficiente, alle mega costruzioni di architetti, informatici, ingegneri ci pensano loro quindi il mio calcolare logaritmi, studiare limiti, integrare funzioni a me non servirà proprio a nulla.

Però è bello. LA MATEMATICA SI STUDIA PER CAPIRE LA BELLEZZA!

La matematica è un potente mezzo in grado di aiutare le persone a capire l'importanza dell'armonia, della semplicità, della linearità, della correlazione tra un prima e un dopo (anche se Albert avrebbe qualcosa da ridire...), dei tempi comici perfino.

La matematica è bella e insegna a riconoscere il bello che c'è in qualsiasi cosa.

Vale la pena, allora, fare la fatica di esercitarsi in qualcosa che ha uno scopo così nobile!

Cosa mi suggerisce la pedagogia proposta da Kaplun e vista ieri pomeriggio?

Innanzitutto l'attenzione all'aspetto comunicativo.

In questi anni di scuola ho visto spesso l'efficacia della teatralità della comunicazione, l'utilizzo di pause, l'enfasi posta su alcuni passaggi, il cambio di ritmo e di volume.

Tutto ciò è efficace ma è anche nella direzione dell'educazione bancaria in quanto unidirezionale.

A questo stile recitativo va senza dubbio abbinato una buona arte di "teatro partecipativo" per far si che la lezione sia e resti un momento di relazione, interattiva, partecipata.

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Sto giocando a testa o croce. Se vinco raddoppio la puntata, altrimenti perdo tutto.

Punto un euro su testa ma esce croce e perdo. Ripunto un euro su testa ma esce croce e riperdo.

A questo punto sarà sensato puntare due euro su testa per recuperare le due sconfitte precedenti? Avrò più probabilità di vincere in questa terza partita oppure no?

Verrebbe da dire di si, ma è solo la legge dei grandi numeri che fa dire questo. La legge dei grandi numeri sostiene che data un'elevata quantità di tentativi (parliamo di migliaia? magari milioni...) più o meno metà daranno esito testa e più o meno l'altra metà daranno esito croce. Niente però ci suggerisce in che modo si distribuiranno le teste e le croci.

La probabilità di una terza croce di fila quindi non è inferiore all'uscita di un risultato diverso!

Ad ogni lancio la probabilità è 50% testa e 50% croce.

Se decido di scommettere due euro nuovamente su testa quindi lo faccio solo per gioco, per divertimento, non perché dopo tanto tempo deve per forza uscire (come fanno i giocatori dei numeri ritardatari al lotto!).

In finanza questa pratica pericolosissima si chiama martingala e bisogna starne davvero lontani, si perde tutto più spesso di quanto si recuperi!

Occhio al corretto calcolo delle probabilità!

Diverso è invece calcolare qual è la probabilità di ottenere tre croci consecutive lanciando una moneta. Ma questa è un'altra storia...

[to be continued]

Ci siamo lasciati la scorsa settimana con una domanda di probabilità: qual è la probabilità di ottenere tre croci consecutive?

In questo caso i tre eventi sono indipendenti tra loro pertanto possiamo dire che la probabilità di avere croce al primo lancio è uno su due (50%), di ottenere croce al secondo lo stesso (50%) e che essendo eventi indipendenti la probabilità di avere entrambi si ottiene attraverso il prodotto quindi 25% (un mezzo per un mezzo fa un quarto). Aggiungendo il terzo lancio la probabilità diventa del 12,5% (un mezzo per un mezzo per un mezzo fa un ottavo).

Attenzione a non confondere questa situazione e quella della scorsa settimana in cui il giocatore si trova con due croci già uscite a dover scegliere se scommettere o meno. La probabilità di avere tre croci di fila è del 12,5% ma una volta che due croci sono già uscite il terzo lancio non è più probabilmente testa (87,5%) ma ha la stessa probabilità di essere testa o croce (50%).

I primi due eventi infatti non sono più possibili ma ormai certi.

Per fare un altro esempio, qual era la probabilità che nascessi proprio tu nella gara tra spermatozoi che ha portato alla tua generazione? Mediamente circa una su 400 milioni! Già ma oggi se mi stai leggendo questo evento è assolutamente certo, per te come per me e per gli altri 7,8 miliardi di abitanti del pianeta Terra. Una bella fortuna!

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"ogni studente suona il suo strumento, non c'è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l'armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un'orchestra che prova la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il loro contributo conferisce all'insieme. Siccome il piacere dell'armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica. Il problema è che vogliono farci credere che nel mondo contino solo i primi violini" (Diario di scuola - Daniel Pennac)

"facendo le collezioni, i bambini che iniziano la scuola elementare si accorgono delle tante proprietà secondo cui è possibile raggruppare e ordinare gli oggetti. Cambiando criterio di raggruppamento le collezioni si formano e si disfano; e intanto si sviluppano raffinate strategie di confronto. Dal confronto alla misura il passo è breve ma servono strumenti appositi e i bambini si ingegnano a trovare dei "misuratori" per le varie proprietà individuate negli oggetti" (Capire si può - P. Mazzoli)

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A scuola non si studiano, ma i frattali sono un oggetto matematico davvero affascinante. Questo termine fu introdotto poco prima che io nascessi, nel 1975, da Benoit Mandelbrot, originale quanto geniale matematico francese.

I frattali sono oggetti geometrici dotati della caratteristica di autosimilarità ossia la caratteristica di riproporre la stessa struttura a scale diverse.

Sono autosimilari ad esempio molti oggetti della natura (le foglie, gli alberi, le galassie, le coste, le montagne, ...) e questi oggetti costituiscono le basi di una geometria non euclidea, appunto la geometria frattale, ricca di misteri e di fascino.

Dice Mandelbrot: "Sembra che in qualche modo i frattali abbiano delle corrispondenze con la struttura della mente umana e per questo motivo le persone li trovano familiari. Questa familiarità è a tutt'oggi un mistero, oltretutto più approfondiamo l'argomento più il mistero aumenta".

Speriamo che i matematici riescano a dipanare presto un po' di questa matassa!

"È ormai ben noto che capire esige percorsi cognitivi lunghi, variati, efficacemente indirizzati e controllati; capire non è il risultato di una sequenza lineare di apprendimenti (o di cambiamenti concettuali) distribuiti in passi, gradi o stadi, ma di progressive "coagulazioni complesse" - che coinvolgono risonanze profonde tra cognitività e sensorialità del soggetto, tra la sua cultura e quella del suo ambiente; capire coinvolge sempre trasversalmente "saperi" diversi e, per questo, si sviluppa lungo percorsi che intrecciano ingredienti colturali differenziati. Si può quindi, ad esempio, saper ragionare in maniera proporzionale anche senza saper fare bene le divisioni, ma si può, viceversa, non saper vedere/interpretare/usare la proporzionalità pur applicandone correttamente il formalismo "su ordinazione", così come talvolta avviene nella scuola media e così via" (Capire si può - P. Mazzoli)

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"di fatto possediamo solo due modi per confrontare tra loro due elementi di realtà rappresentati dalle opportune variabili: la differenza tra variabili (rese semanticamente omogenee) e il rapporto tra queste variabili" (Capire si può - P. Mazzoli)

Lo vuoi un trucco per calcolare i quadrati a mente?

Inizia col pensare di moltiplicare il numero per sé stesso,

Togli le unità che servono a portarlo alla decina intera e aggiungile all'altro numero,

Svolgi la moltiplicazione che ora è più semplice,

Aggiungi il quadrato della quantità spostata.

Fatto? Quadrato perfetto!

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"anche se non conosco il cinese ho letto che il sofisticati modo di contare della Cina non ha niente da invidiare all'islandese. Un pastore della Cina rurale dice sì zhi quando il suo gregge ha quattro animali, mentre un cavaliere che possiede la stessa quantità di cavalli li conta come sì pi. Questo perché in cinese i cavalli si contano in maniera diversa dagli altri animali, che poi vanno ulteriormente distinti tra animali domestici e non. Chiedendo ad un allevatore quante mucche abbia munto quella mattina, quello risponderebbe sì tóu, mentre lo stesso non vale per i pesci che rappresentano una ulteriore eccezione: il pescatore chiamerebbe infatti sì tiao la quarta preda del giorno" (La poesia dei numeri - Daniel Tammet)

"Il nonno, solleticato dalla curiosità per il misterioso gilet e spinto dall'instancabile vena didattica, si è seduto accanto a lui e pazientemente ha atteso le domande. "Vedi" ha iniziato FIlo, più sollevato, "devo fare questo calcolo: 12 + 3 x 10 ma Grazia ha detto che la moltiplicazione, anche se è scritta dopo, va fatta prima. Così: 12 + 30 = 42. Non capisco come mai anche tra le operazioni ci sia una graduatoria: non sono forse tutte ugualmente importanti?". "Si, hai ragione, c'è una graduatoria, ma non è questione di importanza: un'espressione è l'elenco delle operazioni che risolvono un dato problema, però, attenzione, si tratta di un elenco ordinato! Per esempio, la tua espressione potrebbe risolvere questo problema: una maestra va in cartoleria e compra una scatola di pastelli da 12 euro e 10 penne da 3 euro l'una; quanto spende? Per far capire meglio l'ordine d'esecuzione, potremmo scriverla così: 12 + (3x10). Se invece la maestra comprasse 10 scatole di pastelli e 10 penne, allora le operazioni sarebbero le stesse, ma l'ordine cambierebbe in questo modo: (12 + 3) x 10 cioè: 15 x 10 = 150.

Ora, devi sapere che i matematici cercano sempre di risparmiare tempo e penna, perciò si sono accordati e hanno deciso che, quando una parentesi deve racchiudere una moltiplicazione o una divisione, la pensano senza scriverla. Invece la scrivono sempre quando deve racchiudere un'addizione o una sottrazione". (I magnifici dieci - Anna Cerasoli)

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Ieri stavamo ripassando le equazioni di primo grado. Con i ragazzi abbiamo cercato innanzitutto di costruire la storia dell'equazione, poi le varie storie riferibili ad ogni passaggio.

La conclusione è stata che così come ogni passaggio produce una equazione diversa ma più semplice della precedente e soprattutto risolvibile con lo stesso valore, allo stesso modo ad ogni passaggio sviluppiamo una storia più semplice, meno ricca di dettagli, ma che rappresenta la medesima situazione iniziale ossia la medesima paghetta elargita dalla nonna.

Le leggi di De Morgan ossia quando l'ovvio necessita di essere spiegato.

In logica queste due leggi sono state ideate da Augustus De Morgan nella prima metà del XIX secolo, leggi molto apprezzate e usate soprattutto nei sistemi elettronici.

Queste due leggi servono a creare una connessione tra gli operatori "and" e "or".

Sostanzialmente sostengono che:

- se non è vero "A or B" ne consegue che non è vero A e non è vero B;

- se non è vero "A e B" ne consegue che non è vero A oppure non è vero B.

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l'insegnamento della matematica deve avviare gradualmente, a partire da campi di esperienza ricchi per l'allievo, all'uso del linguaggio e del ragionamento matematico, come strumenti per l'interpretazione del reale, non unicamente come bagaglio di nozioni" (matematica 2001, documento unione matematica italiana)

"Le conoscenze matematiche contribuiscono alla formazione culturale delle persone e delle comunità, sviluppando le capacità di mettere in stretto rapporto il «pensare» e il «fare» e offrendo strumenti adatti a percepire, interpretare e collegare tra loro fenomeni naturali, concetti e artefatti costruiti dall’uomo, eventi quotidiani. In particolare, la matematica dà strumenti per la descrizione scientifica del mondo e per affrontare problemi utili nella vita quotidiana; contribuisce a sviluppare la capacità di comunicare e discutere, di argomentare in modo corretto, di comprendere i punti di vista e le argomentazioni degli altri" (Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione - MIUR)

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- Prof avrei una domanda.

- Una vera domanda?

- Cosa intende?

- Che di solito la domanda è sempre: “posso andare in bagno?”

- No, no, prof, giuro, è una domanda seria.

- Siamo sicuri?

- Sì.

- E ha a che fare con la Divina Commedia?

- Sì, prof.

- Vai allora…

- Ma tutta ‘sta storia dell’Inferno, Purgatorio, Paradiso, Virgilio, le bestie…

- Le bestie?

- Sì, le tre bestie.

- Le fiere.

- Sì, le bestie fiere, ma volevo chiederle: è vero?

- Cosa è vero?

- La Divina Commedia è successa veramente?

____________________________

NERVO ACUSTICO - …e quindi ha chiesto se la Divina Commedia fosse successa veramente. Ho finito la mia relazione signore.

NERVO OTTICO - Aggiungerei che i suoi muscoli facciali non davano segno di intendere che stesse scherzando.

RAZIONALITÀ - Grazie, Nervo oculare. Nervo uditivo, ha veramente detto questo? Queste esatte parole? Sei sicuro di aver sentito bene?

PADIGLIONE AURICOLARE - La ricezione era forte e chiara, signore, garantisco io per la qualità del messaggio.

INTRANSIGENZA – Bocciamolo adesso, signore, leviamocelo di torno.

RAZIONALITÀ - Prima di saltare alle conclusioni aspettiamo un attimo, e comunque non possiamo bocciarlo, Intransigenza, siamo solo a novembre.

CAPACITÀ DI RIDERE DELLE DISGRAZIE - E aggiungerei che il ragazzo ha uno spirito da finissimo umorista che dovremmo premiare: facciamolo capoclasse.

RAZIONALITÀ – Non abbiamo tempo per le tue iperboli, Capacità di ridere delle disgrazie. Spirito pedagogico, come è meglio procedere in queste situazioni secondo te?

SPIRITO PEDAGOGICO – Ritengo che il ragazzo, essendosi esposto con una domanda così personale, ingenua – certo – ma che delinea il profilo di un soggetto potenzialmente interessato all’argomento, dovremmo rispondere con un conciliante tono neutro, negando la falsa convinzione del ragazzo, ma senza esporlo al pubblico ludibrio dei compagni.

MALIGNITÀ – Anche perché sarei proprio curioso di sapere quanti in questa classe sono assolutamente certi che l’opera dantesca sia interamente frutto di fantasia.

TERRAPIATTISMO – Oddio, se proprio volessimo dire le cose fino in fondo, siete davvero sicuri che…

TUTTI – Taci tu!

RAZIONALITÀ – Sia messo agli atti che agiremo come ha suggerito Spirito pedagogico.

INTRANSIGENZA – Ma signore!

RAZIONALITÀ – Non accetto discussioni. Si esegua.

____________________________

- No, vedi, l’intera opera dantesca è interamente frutto di fantasia.

- Ah. Ma quindi anche Dante non è mai esistito?

____________________________

INTRANSIGENZA – Adesso possiamo fare a modo mio, mezzeseghe?

A volte mi imbatto in persone tronfie nei loro risultati di vita raggiunti, spocchiose verso chi non ce l'ha fatta: "costa sacrificio, fatica, e come l'ho fatta io possono farlo anche loro" dicono. E a volte devo ammettere che mi rivedo anche io in questo tipo di persone.

La verità però è quel ragionamento nasconde un grande inganno. Non è vero che basta sacrificio e impegno. Ci vuole si, ma se Madre Natura, Dio, Mamma e papà, usate pure la matrice di vita che preferite, non ci dotassero di una bella apparecchiatura bio-chimica adatta non riusciremmo a raggiungere gli obiettivi nemmeno mettendoci tutta l'anima. E tocca a noi, tocca a noi trovare la chiave per questi fratelli, aiutarli a vedere quanto speciali siano, quante qualità nascondano che non riescono a vedere. Sono come pesci costretti in un mondo di pantere: le loro qualità non sono quelle universalmente considerate, quelle socialmente utili. Però ci sono, è la società a doversi ricordare di valorizzarle. così quella parte di me che si sente pesce boccheggiante rivendica spazio mentre la pantera scruta l'orizzonte tronfia ma umanamente disposta a ricordarsi dei pesci.

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Il senso comune tradisce la logica matematica.

Nel senso comune infatti siamo portati a considerare sempre l'implicazione come una doppia implicazione, da qui tanti errori che si fanno nei giochini logici.

Se parliamo di doppia implicazione, infatti, l'operazione è perfettamente simmetrica: se accade A la conseguenza è che accade B, se è accaduto B possiamo esser certi che la causa sia stata A. Diversamente se A non si verifica allora non si verifica nemmeno B e di nuovo vale anche il percorso a ritroso.

Ad esempio potrei dire che metto il caso se (e solo se) vado in moto quindi se mi vedi mettere il casco puoi dedurre che sto per salire sulla moto, se mi vedi in moto capisci che sto per mettermi il casco e al contrario se esco di casa senza casco puoi essere certo che non andrò in moto mentre se esco col casco che salirò sul mio mezzo.

L'implicazione non funziona così. Nell'implicazione c'è relazione tra premessa e conseguenza perché quando si verifica la prima deve necessariamente verificarsi la seconda, ma non vale il contrario, ossia la conseguenza può avvenire anche a prescindere dalla premessa.

Un esempio può essere la frase: "se piove il prato si bagna". Se vedo piovere posso dedurre che il prato sarà bagnato ma vedendo il prato bagnato non posso concludere che ha piovuto. Magari lo zio lo ha annaffiato con la canna.

D'altro canto se non piove non posso dedurre che il prato sarà asciutto. Potrebbe ma non ne ho certezza per colpa del solito zio annaffiatore.

Il tranello è presto servito nella seguente domanda.

Cosa deduci se ti dico la frase: "se piove il prato si bagna" ma non sta piovendo?

Risposta tipica: il prato non si bagna. Risposta corretta: non posso dedurne niente.

Questa è logica matematica...

- Ragazzi, oggi vi insegno il Metodo Golfera per imparare a memorizzare velocemente la formula delle equazioni di secondo grado.

- Evviva!!! (con tono funebre e facce cadaveriche)

- La formula è questa che scrivo alla lavagna...

- ... (le facce peggiorano decisamente la loro espressività)

- il metodo prevede di inventare una storia, più assurda e divertente la inventiamo e meglio è, in cui gli elementi cardine della narrazione richiamano i simboli. Chi vuole provare?

- ...

- ok, lo faccio io. Userò dei nomi per i parametri della formula in modo che l'iniziale del nome mi ricordi quella lettera. Ovviamente se usate nomi di persone che conoscete pensando al loro volto nella storia è più divertente.

Il serpente (segno -) Barbara (b) se ne andava per la foresta con una croce conficcata nella schiena (segno + o -) finché non si infilò sotto la radice di un albero (radice quadrata). Lì sotto vide un ritratto della stessa Barbara con un piccolo cigno tatuato in fronte (b alla seconda, il cigno richiama la forma del 2, in fronte per evidenziare che è un esponente) e i serpenti (segno meno) Alessandra e Chiara che costruivano una barca a vela (il numero 4 richiama una vela). Sotto di loro una grande grata (frazione) sotto cui vide Il cigno Antonio morente

- ... (le facce ormai non hanno più alcuna espressione)

- dai, su, questa storia è bruttina perché l'ho inventata io però se provate a pensare nella vostra testa al film di questa vicenda e collegate gli elementi alla formula vedrete che si impara subito

- E' vero! Io la storia già me la ricordo!!!

- Brava Chiara...sarà perché ci sei anche tu...

- Me la ricordo anche io!!! E mi sembra di poter ricordare anche i simboli della formula...

- Ottimo, continuate così e vedrete che sarà divertente

- (un ragazzo alza la mano)

- Cosa c'è Manuel?

- Posso inventare anche una storia pornografica?

- ...mmmh...facciamo così, tu fallo ma non raccontarmela mai e se all'esame il presidente ti chiede come mai stai sghignazzando tu non dirgli a cosa stai pensando per ricordare la formula, intesi?

- ok, intesi!

(ndr: quella fu l'unica cosa che Manuel imparò di matematica in tutto il percorso)

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Le situazioni didattiche sono le situazioni che hanno come scopo che lo studente apprenda un

determinato sapere. È l’insegnante che struttura l’ambiente in modo opportuno, con

strumenti opportuni, al fine di raggiungere una conoscenza specifica, in modo più o meno

esplicito.

L'ordine giusto è: prima il dialogo, poi il tentativo di capire per ultimo, forse e senza mai condannare, il giudizio.

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Il mondo è sempre più anaffettivo. Secondo me dipende dall'incredibile importanza che si da oggi al cognitivismo. Il dominio del pensiero su tutto, della mente sul resto.

In questo modo stiamo imparando a intellettualizzare l'affetto, a ragionarne, a parlarne senza mai metterlo in pratica.

Ho rivisto per la miliardesima volta Patch Adams...credo sia ora di tornare un po' ai principi del vecchio dottore clown...

"L'insegnante pone una sfida: si può parlare di frazioni in prima? La pasta di sale diventa un buon pretesto concreto per parlare di materia e materiali, di proporzionalità e di numero e anche - non in forma esplicita - di discreto (conteggi) e di continuo (misure). Ragionare di frazioni e con le frazioni si può, senza forzature e senza fretta, lasciando emergere a poco a poco le esperienze fatte [...] «la mia maestra scrive sempre, forse sono importanti le cose che diciamo» racconta un bambino di prima alla mamma" (Capire si può, educazione scientifica e matematica - P. Mazzoli)

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"Non molti anni fa ho cominciato a suonare il violoncello. Quasi tutti direbbero che quanto sto facendo è "imparare a suonare" il violoncello, ma queste parole ci mettono in testa la strana idea che esistono due processi molto diversi: (1) imparare a suonare il violoncello; (2) suonare il violoncello. Essi implicano che io seguirò il primo fino a completarlo e, a quel punto, terminato il primo processo comincerà il secondo. Insomma, continuerò a "imparare a suonare" e poi comincerò a suonare. Naturalmente è una sciocchezza. Non vi sono due processi, ma uno solo. Si impara qualcosa facendolo. Non esiste altro modo" (John Holt)

- Partita a Monopoly?

- Volentieri.

- Io piglio il funghetto, tu?

- Il fiasco.

- Ecco a te.

- Che fai?

- Prendo Parco della Vittoria.

- Ma scusa, ma non dovrebbero essere distribuite a caso le proprietà?

- Eh ma Parco della Vittoria è della mia famiglia da generazioni.

- In che senso?

- Vedi, mio padre quando giocava a Monopoly aveva sempre Parco della Vittoria, e così suo padre e il padre di suo padre. Quindi adesso è mio.

- Non mi sembra corretto.

- Guarda che non è mica tutto rosa e fiori, vengo mangiato vivo dalle tasse di successione. E comunque se non ti fidi, puoi controllare sul libro delle regole.

- Sembra la tua calligrafia.

- Infatti l’ho scritto io.

- Questo non è conflitto d'interessi?

- No è autoregolazione.

- Ah. Va be’, mi dai i soldi?

- Certo. Eccoli.

- Tutto qua? Ma la somma non dovrebbe essere uguale per tutti?

- Eeh, è arrivato Trotsky. Ma tu lo sai che costi ha mantenere Parco della Vittoria? Solo di tassa sui rifiuti mi parte via un patrimonio. Te invece con… cos’hai te?

- Vicolo Corto.

- Ecco, Vicolo Corto. Quanto paghi di tassa rifiuti?

- Niente, non li vengono manco a pigliare i rifiuti a Vicolo Corto.

- Visto? Risparmi. Meno spese, meno soldi. No?

- Non son convinto.

- Dai, dai giochiamo. Comincio io.

- Perché?

- Perché ho fatto 8 coi dadi.

- Sì, ma io ho fatto 11.

- Ma io ho pagato la banca per avere il diritto a tirare un dado aggiuntivo. Tié, ho fatto 13. Comincio io. Per prima cosa uso parte dei miei soldi per scommettere che finirò su Via Accademia.

- Cioè, si può scommettere adesso?

- Si chiama trading. È alla base del gioco.

- Ma che versione è?

- Dai, basta piagnucolare. Ho scommesso. Poi compro una carta Probabilità.

- Si possono comprare?

- Se hai i soldi sì. Guarda, dice che devo andare in Via Accademia. Ho vinto la scommessa, quindi piglio i soldi.

- Che culo.

- No, è che conosco l’ordine dei cartoncini.

- E com’è che lo conosci?

- Gioco a squash col direttore della banca.

- E chi è?

- Sono io.

- Ma tutto questo è illegale.

- Tecnicamente sì, ma vedi, prima di cominciare ho anche comprato tutte le uscite gratis di prigione disponibili e un team di avvocati micidiale. Poi, avendo io un portafoglio di proprietà molto rilevanti, la banca è ben lieta di prestarmi dei soldi a interesse bassissimo.

- Anche io avrei bisogno di un prestito.

- Eh, ma tu come garanzia hai solo quella fogna a cielo aperto di Vicolo Corto.

- Scusa, ma io ho molto più bisogno del prestito di quanto ne hai bisogno tu.

- Vero anche questo, ma la banca deve avere la sicurezza che venga pagato e questa sicurezza tu non la riesci a dare con quell’angolo lercio e miserabile di tabellone e la sua fauna di eroinomani e papponi.

- Ma non dovremmo poter usare solo i soldi che abbiamo?

- Sentilo il piccolo Bernie Sanders. Come pensi di far crescere un’economia in queste condizioni? A ogni modo inizio a comprare proprietà. Quelle verdi, che rendono parecchio.

- Sì, però ci devi capitare sopra?

- Non nel libero mercato.

- Va be’, almeno ce li hai i soldi?

- Non mi servono, perché attraverso un leveraged buyout posso acquistare senza pagare.

- Un che?

- Un leveraged buyout. Fondo una nuova società con un intermediario, con la società chiedo un prestito a medio-lungo termine e con i soldi del prestito acquisto la società che mi interessa. Non avendo io a che fare direttamente col debito, esso non intacca la mia reputazione. Però se non le sai le cose, non giocarci a Monopoly.

- D’accordo, ma 'sti soldi glieli dovrai ridare a un certo punto, o no?

- Eh no, perché adesso il debito è della società che ho acquistato, mica mio.

- Ma è legale questa cosa?

- Per ora sì.

- E posso farlo anche io sto magheggio?

- No.

- Perché?

- Non hai abbastanza…

- … credibilità finanziaria.

- Vedi che dai e dai le cose a un certo punto ti entrano in quella testolina da classe media. Tira 'sti dadi va.

- Ho fatto 12, fantastico!

- No.

- Come no? Doppio 6 a casa mia fa…

- Puoi solo tirare un singolo dado.

- Perché?

- Si chiama flat tax. Un sorta di aliquota fissa ai dadi che puoi tirare. Non fare quella faccia, guarda che vale anche per me. Volevi l’uguaglianza, non sei contento?

- Sì, ma tu hai un dado a venti facce.

- È colpa mia se ho ereditato un dado da venti dal povero nonno? Tu datti da fare e vedrai che anche col tuo dadino riuscirai a fare strada. D’altra parte, il sistema vuole che tu vinca?

- Davvero?

- Certo, altrimenti perché ti farebbe giocare? Tira su.

- Ehi, ho guadagnato 100 euro perché sono arrivato secondo a un concorso di bellezza.

- Complimenti, sei quasi bello.

- Aspetta, com’è che tu hai tutti quei soldi? Non sono manco mai passato sulle tue proprietà.

- Perché mentre perdevi tempo in passerella, io ci davo dentro di fondi speculativi, mutui subprime, cdo tossici resi appetibili dalla collusione di importanti enti finanziari e agenzie di rating, inoltre mi sono dedicato al naked short selling, cioè ho venduto azioni che neppure ancora possedevo contando di pagarle con i guadagni di un mercato pilotato. Te sei ancora fermo alle proprietà, alle cedole che maturano, ai soldi del dentista, alla preistoria!

- Va be’, ma te li tasseranno almeno 'sti soldi o no?

- No, perché ho spostato Parco della Vittoria in Lussemburgo.

- In Lussemburgo.

- Sì, mo è Schlossallee e la tassazione sulle rendite finanziarie è praticamente nulla.

- Senti, io c’ho due soldi, ma proprio due, che dici: provo a investire?

- Certo, è un mercato libero.

- Allora, visto che controlli più di metà del tabellone, io quasi quasi scommetterei sul fatto che tu possa guadagnare nel breve periodo.

- Eh no.

- Perché no?

- Perché così piloti il mercato, è embedded leverage, è approfittarsi del tasso d'interesse a breve termine, è una vergogna, un’indecenza. Ti rendi conto di quello che hai fatto? È gravissimo. Lo dicono pure i giornali.

- Ma è quello che fai tu dall’inizio del gioco.

- Mi appello allo stato e agli organi di sicurezza perché mi tutelino da questa grottesca aggressione. E infatti…

- Cosa?

- Ti hanno bloccato la possibilità di investire.

- Ma perché?

- Perché il mercato non è il tuo Parco della Vittoria. È il mio.

- Scusami eh, ma riassumendo: se gioco, perdo.

- Sì.

- Se non gioco, perdo.

- Sì.

- Se provo a seguire le regole, tu te ne approfitti.

- Sì.

- Se non seguo le regole, finisco in galera.

- Sì.

- Posso almeno cambiare pedina?

- Non ti piace più il fiasco?

- No.

- Va bene. Cosa vuoi?

- La molotov.

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La vita è un lento cammino verso la morte, ma se la morte fosse solo la fine del cammino che senso avrebbe il cammino stesso?

La matematica ci offre il cerchio come strumento per visualizzare un concetto che va oltre inizio e fine...

Il Sole 24 ore racconta che gli esami di maturità 2021 saranno, come lo scorso anno, condensati in un orale. Si specifica, però, che l'ammissione non dovrà essere generalizzata bensì legata all'andamento del percorso scolastico. Si, quello stesso percorso scolastico che lo scorso anno ha salvato tutto e tutti per covid e che quest'anno permette di insegnare e apprendere a spizzichi e bocconi. Continuiamo a far finta che la scuola non esista in questo caos pandemico...

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«La signora disse:

"Se non ho capito male, lei è bravo coi numeri".

"No, sono bravo con la matematica", risponde Randy.

"Non è quello che ho detto?"

"Oh, no! I matematici se ne stanno per quanto possibile lontani dai numeri reali e specifici. Ci piace parlare dei numeri senza essere effettivamente esposti ad essi: per quello ci sono i calcolatori". »

[Neal Stephenson 1959 - vivente]

Voi cosa vedete qui? Io vedo speranza, futuro, sogni.

Questi sono alcuni studenti di un liceo bergamasco che hanno scelto di non subire questo difficile periodo di pandemia, ma di fare del loro meglio perché la scuola continui ad avere un senso nonostante da marzo scorso, 11 mesi fa ormai, la scuola abbia smesso di esistere. Almeno per loro, almeno per gli studenti delle scuole superiori.

Grazie ragazzi per questa testimonianza, mi sento molto orgoglioso e carico per affrontare la mia giornata di domani. Andare a scuola ed accendere un pc con la voglia di guardare in faccia i ragazzi anche in questo modo sarà più facile domani, pensando al vostro coraggio e al vostro bisogno manifestato nel modo migliore: senza gridare, senza rompere nulla, senza piangersi addosso. Cercando soluzioni. Grazie.

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Si racconta che un insegnante giapponese un giorno volle ricordare ai propri allievi quale fosse il segreto del successo.

Propose così la "formula del successo", che recita:

(1,01)^365 = 37,78

(1)^365 = 1

Supponiamo che “1” rappresenti la situazione in cui ti trovi ora.

Se ogni giorno per un anno intero provassi a migliorare dell’1% rispetto al giorno precedente il risultato sarebbe che raggiungeresti un traguardo enorme dopo solamente un anno, ossia 37,78! Quasi 38 volte migliorato rispetto all'anno prima.

Se invece restassi aoncorato a ciò che sei, anno dopo anno ti ritroveresti sempre allo stesso punto: 1.

Possiamo pensare ad una situazione ancora peggiore!

Cosa ti succederebbe, infatti, se ti gongolassi troppo nel tuo status quo, perdendo anche qualcosina, diciamo un 1%, ogni giorno? Accadrebbe questo:

(0,99)^365 = 0,03

Un po' meno impegno nelle cose che fai tu porta a sfiorire, ad appassire, a morire dentro.

Sono i piccoli passi, giorno dopo giorno, che ci fanno maturare, crescere e ci permettono di realiizarci nella vita. Piccoli passi giorno dopo giorno.

È il miracolo dell'interesse composto, come disse Albert Einstein!

L'uguale. Troppo poco tempo viene dedicato nella scuola dell'obbligo a questo potentissimo strumento matematico.

Già dalla primaria all'uguale viene dato un significato eminentemente procedurale. Questo significa che il simbolo appare perlopiù dentro catene di operazioni, in algoritmi standard per la soluzione di calcoli.

Nessuno studente si stupisce di leggere 12 + 4 = 16 e nemmeno di leggere 4 * 2 - 5 = 8 - 5 = 3.

Genera turbamento invece la scrittura 28 - 8 = 24 - 4 e ancor di più 3 + 2 = 18 - 17 + 4. Perché, ci si chiede, complicare invece che semplificare?

Ad ogni studente della secondaria è stato chiesto almeno una volta di "semplificare" un'espressione algebrica. Mai di complicarla.

Nella semplificazione delle espressioni l'uguale viene proposto nuovamente con valenza procedurale, ma molto importante (e misconoscita) è il suo uso comparativo, relazionale.

L'uguale è un incredibile strumento di confronto perché permette di mettere in relazione due qualsiasi espressioni, e pure di riconoscere, come le equazioni algebriche ci insegnano, un elemento celato da un dubbio.

Attraverso un uso relazionale dell'uguale gli scolari prima e gli studenti poi potrebbero imparare ad usare la matematica per concludere un ragionamento e una scelta, per proporre un giudizio su un fatto, per farsi un'idea di testa e non di pancia sui fatti del mondo.

Il mio invito va alle maestre e ai docenti della scuola media: proponete più uguaglianze comparative e meno algoritmi di calcolo, affinché la matematica diventi strumento di libertà del pensiero invece che noiosa sequenza di operazioni.

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"L'uso ormai massiccio delle slides nella pratica comune dell'insegnamento di ogni ordine e grado può essere letto come il sintomo di queste difficoltà di esporsi all'evento imprevedibile della parola. Se è tutto già scritto, la trasmissione consisterà nella sua ripetizione ordinata, scontata e, dunque, fatalmente burocratizzata. Diversamente, un insegnamento che vuole mantenersi fedele al suo compito saprà evocale l'impossibile da trasmettere, l'impossibile da apprendere, l'impossibile da insegnare. Ogni volta in modo diverso, questa impossibilità verrà alla luce e saprà mettere in moto l'allievo" (L'ora di lezione - per un'erotica dell'insegnamento, Massimo Recalcati)

"in un insieme, i numeri reali, l'equazione (x^2 + 1 = 0 ndr) continua a non ammettere soluzione, e in un altro insieme più ampio i numeri complessi, l'equazione ammette soluzione. Mi pare un esempio convincente sul perché la verità dipenda dal contesto. E aggiungo che le verità umane somigliano alle verità matematiche. Sono tutte assolute, e tutte transeunti, dipendono dall'insieme in cui vengono enunciate, dal contesto. Motivo per cui il trito due più due fa sempre quattro o uno vale uno sono affermazioni discutibili" (La matematica è politica - Chiara Valerio)

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"Nella scuola-Edipo il sapere che viene trasmesso esprime una fedeltà cieca nei confronti dell'autorità del passato: l'idealizzazione assume la forma della conservazione che ripete lo Stesso. C'è stato un tempo in cui andare a scuola e pregare erano la stessa cosa. [...] l'autorità dell'insegnante era garantita dalla potenza della tradizione alla quale si appoggiava: il modello pedagogico prevalente era quello correttivo-repressivo. [...] a definire la scuola nell'epoca dell'evaporazione del padre e dell'affermazione del discorso capitalista dopo le contestazioni del '68 e del '77 è il figlio Narciso, una figura la cui tragedia è immensamente diversa rispetto a quella di Edipo. Se la tragedia di Edipo è la tragedia del conflitto con la legge, del conflitto con il padre, del Conflitto dei figli con i padri, del conflitto tra le generazioni, quella di Narciso è la tragedia tutta egoica del perdersi nella propria immagine, del mondo risotto a immagine del proprio Io. [...]. Sullo sfondo lo sfaldamento del patto generazionale tra insegnanti e genitori. Questo patto si è rotto a causa della collusione tra il narcisismo dei figli e quello dei genitori. Di qui la solitudine profonda del corpo insegnante. Se il passaggio dalla scuola Edipo alla scuola Narciso si caratterizza per la rottura di quella saldatura fantasmatica che collega il corpo familiare al corpo docente, nella scuola Narciso prevale la specularità: è la ragione per cui, come abbiamo detto, il rapporto tra le generazioni si è rotto dando luogo all'attuale confusione immaginaria tra genitori e figli. (L'ora di lezione - M. Recalcati)

"Il lavoro degli insegnanti è diventato un lavoro di frontiera: supplire a famiglie inesistenti o angosciate, rompere la tendenza all'isolamento e all'adattamento ebete e conformistico di molti giovani, contrastare il mondo morto degli oggetti gadget e il potere seduttivo della televisione e delle nuove tecnologie, riabilitare l'importanza della cultura relegata dall'iperedonismo contemporaneo al rango di una pura comparsa sulla scena del mondo, riattivare le dimensioni vitali dell'ascolto e della parola, rianimare desideri, progetti, slanci, visioni in una generazione cresciuta attraverso modelli identificatori apaticamente pragmatici, disincantati, cinici e narcisistici, nutrita da un uso smodato della televisione e dal regime della connessione perpetua alla rete" (L'ora di lezione, per un'erotica dell'insegnamento - Massimo Recalcati)

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La biografia è in relazione (cose, persone, vita). Un concetto matematico che mi ha sempre affascinato è la superadditività [...]

La successione dei numeri naturali è una successione additiva, perché il termine n-esimo sommato al termine m-esimo da per risultato il termine n+m-esimo [...]. La funzione quadrato di un binomio è invece superadditiva nel senso che è maggiore di x al quadrato più y al quadrato.

Ecco, la vita singola e la vita collettiva godono di una superadditività che fa si che nessuno di noi sia la mera somma dei propri dati biologici, giuridici, virtuali, ma sia qualcosa di più. La stessa democrazia è superadditiva, lo Stato è qualcosa di più rispetto all'azione congiunta di potere legislativo, esecutivo e giudiziario. (La matematica è politica - Chiara Valerio)

Seconda elementare, un bambino dice: "maestra, tu per chi fai il tifo, per la Russia o per l'Ucraina?" e la maestra risponde: "per l'Ucraina" e il bambino, togliendo due bandierine del paese: "io per la Russia! Russia, Russia, Russia".

Tralasciando il bambino, a 7 anni non può capire la gravità di quanto dice, mi rattrista molto la posizione della maestra.

L'unica risposta che trovo adeguata per un bambino è che quando c'è una guerra si può fare il tifo solamente per la pace, perché tante persone, russe e ucraine in particolare, smettano di soffrire. Il tifo non c'entra proprio niente...

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"Vorrei confessare che non sono più in grado di risolvere un'equazione differenziale, di svolgere un integrale e credo avrei anche difficoltà con i problemi classici di geometria piana, ma vorrei chiarire che tutte queste cose, e altre più indicibili, sono stati il mio pane per molti anni. E così, come il corpo degli atleti mantieni il ricordo di una disciplina esercitata giorno per giorno, Anno dopo anno, il mio cervello conserva le impronte di calcoli, implicazioni e deduzioni, e la mia grafia pure [...] Non penso mai alle singole cose, ma funzioni e relazioni, tutto mi arriva a grappoli. I matematici - e questo è rimasto anche a me che non lo sono più - si occupano naturalmente di contesti e linguaggi" (La matematica è politica - Chiara Valerio)

Quando lessi questo articolo, sulle prime rimasi male, poi mi interrogai molto. E' giusto che un'insegnante riporti un ragazzo coi piedi per terra o deve seguire la moda corrente secondo cui "puoi fare tutto quello che vuoi" e "se vuoi, puoi"?

D'istinto mi sento di non criticare l'insegnante di Valentino Rossi, anche se può far sorridere a posteriori che si sia espressa in quel modo verso uno dei piloti più forti e carismatici della storia del motociclismo, eppure prima che gli eventi accadano non è così banale.

Quanti ragazzini si perdono sognando di diventare dei Valentino Rossi, ma non riuscendo a sfondare? 100? 1.000? 1.000.000? Certamente molti più di quanti riescano ad arrivare al successo. In questo senso trovo sensato e legittimo che un insegnante, nel suo ruolo di figura educativa di riferimento, metta in guardia il ragazzo dai rischi di puntare tutto su una carriera effimera, rischiosa, dove si ottiene tutto o non si ottiene nulla. In questo senso, dal racconto del centauro, si evince però un errore di fondo della docente: sembra che la sua considerazione sia conseguente al disamore del tavulliese per la propria materia, quindi suona quasi come una "ripicca" piuttosto che un amorevole rimbrotto di un educatore.

Questa, forse, è la morale che ho tratto da questa lettura: prima di tutto viene l'amore, sempre, per i ragazzi che il fato ci ha dato in custodia e che dobbiamo accompagnare attraverso i difficili anni che portano dalla fanciullezza all'età adulta attraverso l'adolescenza. Secondariamente bisogna accettare sia di essere stati capaci di creare un feeling, di essere accettati e guardati come figure di riferimento solo da alcuni dei ragazzi, che di non aver saputo intercettarne altri. Con classi da 25-30 ragazzi è impossibile costruire un rapporto funzionale con tutti quanti. Solo ai primi potremo sentirci di muovere certi tipi di osservazioni, perché sono quelli che potranno accogliere i rimproveri come suggerimenti positivi. Per i secondi serve una strategia diversa, che può passare dai colleghi coi quali è scoppiata quella scintilla che a noi manca, come da una modalità di proposta delle riflessioni meno criticante e più tenera, accogliente.

Di certo non trovo mai adeguate le sentenze, sia positive che negative. Alimentare false speranze o demolire i sogni dei ragazzi è tanto facile quanto fuori luogo. Un po' di sano realismo può aiutare: imparare a guardare alle proprie specifiche qualità ma anche ai rischi, ai limiti della scelta che vogliamo fare, aiutare a costruire un "piano B" in caso di fallimento (parola che adoro, se a qualcuno fa paura consiglio di leggere un altro mio post sul tema per capire meglio la mia posizione). Analisi e non giudizi, approfondimento e solo dopo sintesi.

Grazie Valentino per quest'occasione di riflessione, e grazie prof di storia dell'arte che, suo malgrado, è stata spunto di analisi.

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"Abbiamo perso, tutti quanti.

Chi ha ragione, l'insegnante frustrato che cerca di difendere la propria dignità o il ragazzo colpito allo stomaco?

Non è importante, non è quello il punto. Ciascuno ha le sue ragioni, ciascuno ha le sue colpe. Il problema vero sta dietro al fatto di cronaca, le giuste domande da porsi sono altre:

- come mai un ragazzo trova divertente irridere il proprio insegnante?

- come mai un ragazzo si sente libero di ballare a quel modo, senza preoccuparsi di ciò che sta facendo e delle conseguenze del suo atteggiamento?

- come mai il docente resta impassibile, fino allo scatto d'ira?

- come mai c'è uno che riprende col cellulare?

Il problema della scuola sta dietro al fatto di cronaca: ogni giorno qui su FB leggo post in cui il tal sociologo, il tal pedagogista, il tal personaggio famoso, il tal medico, il tal psicologo, e potrei andare avanti citando categorie sempre meno addentro a ciò di cui parlano, sostenere che la scuola è piena di insegnanti incapaci oppure che i genitori entrano troppo nelle dinamiche scolastistiche, che i ragazzi sono vittime di una società che non gli offre nulla oppure che sono una generazione di bulletti senza obiettivi.

Comunque se ne parli, la scuola è presentata come un problema, e questo non fa che aumentare i problemi reali, che solo chi sta in aula giorno dopo giorno può spiegare, perché li vive direttamente.

Ogni giorno la scuola perde un po' del suo ruolo, per colpa della narrazione di successo della cronaca giornatistica: youtuber che si arricchisce senza conoscere i congiuntivi, gamer che fa i soldi mostrandosi mentre gioca a videogames, laureate in medicina a 23 anni nei ritagli di tempo tra uno shooting fotografico e un tik tok. Il successo, la fama, i soldi si conquistano stando lontani dalla scuola, evitandola come un'ammazza-sogni, una ruba-anima. Si racconta questo ai ragazzi e i ragazzi crescono con questi pensieri nella testa.

Torniamo però alla dura realtà: per uno youtuber che ce la fa ce ne sono migliaia che destinati a inondare il web di nulla e a non guadagnare nulla, per una tiktoker capace di monetizzare ce ne sono migliaia seguite giusto dalla mamma e dalla sorella. Questo non è un modello per il successo perché non premi chi si distingue per la qualità del suo operato, non basta essere abili e competenti, ci vuole anche una gran dose di fortuna. Vogliamo parlare della professoressa di corsivo? Arriva alla fama per una rarissima congiunzione astrale inconcepibile, irrazionale, irripetibile.

Dall'altra parte, il modello proposto dalla scuola è molto più semplice: crea le basi di una cultura generale solida, che ti permetta di esprimerti, di leggere dati scientifici, di conoscere l'uomo, come agisce e le sue leve. Su questa base costruisci le competenze per crearti una professionalità e grazie al modello scolastico quasi tutti quelli che hanno fatto bene arrivano a crearsi una solidità economica e di personalità. Chiaramente guadagnare 1.500 € al mese e avere una famiglia solida, fatta di relazioni vere non è eccitante come guadagnare 100.000 € e girare sulla Lambo con una serie di toy-boy o toy-girl diversi ogni giorno, ma è indubbiamente più realizzabile e più sano.

Sano perché ostruisce la persona, le permette di intravedere la felicità, che è fatta di piccole cose, non di eventi eclatanti.

Un tramonto si fa apprezzare in silenzio.

Torniamo a insegnare il valore delle piccole cose, l'importanza di un comportamento etico, sociale, non per buonismo fine a sé stesso, ma l'egoismo di comprendere che la felicità di ciascuno è subordinata alla felicità della comunità.

Solo così, io credo, non dovremo più assistere a scene di questa bassezza.

Gli scambi degli ultimi giorni mi hanno aperto una riflessione: libertà e fede.

Cosa definisce la libertà? Le religioni permettono la libertà o ci costringono, attraverso l'espediente della fede, a scegliere di non essere liberi senza lamentarcene? La scienza si propone come strumento verso la libertà, o sostituisce semplicemente una religione con un altra?

Provo a proporre alcune mie riflessioni odierne, sintetizzate per stare in un post su facebook e senza pretesa di verità.

La libertà esiste ed è subordinata alla nostra capacità di utilizzare le nostre facoltà della mente (non il cervello) per analizzare, valutare e scegliere nelle varie situazioni. Esistono vari gradi di libertà, e più siamo disposti ad indagare e mettere in discussione (che non vuol dire non crederci) i nostri assiomi e più ci avvicineremo al massimo grado di libertà, che in ultimo non può essere, per i limiti intrinseci alla natura umana, la Libertà che chiamerei con la "L" maiuscola.

La libertà non si contrappone alla fede, quindi non è antitetica alle religioni e queste non sono in contrapposizione alla scienza.

Tutte e tre queste discipline indagano la Libertà alla ricerca del maggior grado di libertà e felicità possibile, solo che lo fanno in modi diversi, partendo da presupposti diversi, accettando dogmi diversi, e con diversi livelli di disponibilità ad accettarne la messa in discusso.

In ultimo, però, mi sento di condannare fermamente come nemici della libertà tutti coloro che vogliono proporre limiti alla messa in discussione dei dogmi, religiosi o scientifici che siano, e non trovo interessante la loro opinione nemmeno se fosse giusta. Una proposizione del tipo: "la terra è sferica perché è sferica" può essere considerata approssimativamente corretta ma non è interessante in quanto proposta come autoevidente. Se vogliamo "mettere in discussione" la sfericità della Terra, dobbiamo portare argomentazioni (e a favore di questa affermazione ce ne sono da buttare).

Vale per la religione ma vale anche per la scienza: questa è deve continuare ad essere ricerca e analisi, deve essere messa in discussione quotidianamente affinché ogni giorno possa portare nuove conoscenze e, in ultimo, aiutare ad alzare il grado di libertà.

In questo io credo e ci credo con fermezza: che si indaghi la mente umana, la scienza o la religione, nulla è più importante della ricerca onesta e sperimentale della Libertà, consapevoli che non sia possibile raggiungere il grado massimo, quello con la "L" maiuscola, e che solo la fine della vita terrena potrà, forse, svelarci l'ultimo mistero.

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"Serve il coraggio di mettere in discussione l'intero sistema meritocentrico" dice Emma Ruzzon all'inaugurazione dell'anno accademico a Padova.

Non sono sicuro queste accuse siano ben indirizzate.

L'università è l'ultimo atto di un percorso in cui di meritocrazia se ne vede gran poca. Accoglienza, integrazione, supporto, empatia sono le parole che regnano in questa epoca della scuola, parole belle e importanti, ma che come ogni cosa della vita hanno una seconda faccia.

Più tempo si passa a dire ai ragazzi che nella vita possono raggiunto qualunque obiettivo, più lì si espone ad una realtà che dice il contrario, più tempo spendiamo a sostituirci a loro nello svolgimento dei loro compiti, più li rendiamo deboli, fragili, incapaci di badare a se stessi.

La scuola va riformata, questo è certo, la direzione però non è inversa rispetto alla meritocrazia, piuttosto è una direzione che va verso la consapevolezza di sé, l'analisi reale e realistica delle proprie abilità, in cerca di un obiettivo, non di un sogno.

Spesso guardando i ragazzi lavorare sui loro quaderni mi accorgo che c'è un problema davvero grande da affrontare: si cura di più la forma della sostanza. Molte volte vedo tracciare linee sui numeri da semplificare in ordine sparso, come se ciascuna di quelle linee non significasse nulla, invece dovrebbe servire a sostituire il numero barrato con il prodotto di una divisione svolta uguale al numeratore e al denominatore. Molte volte vedo portare avanti due equazioni/ disequazioni di un sistema in contemporanea da ragazzi che faticano a padroneggiarne una, solo per non lasciare righe vuote nella graffa. Molte volte vedo tracciare due frecce a croce dentro una matrice e poi sbagliare il segno del prodotto dei fattori in diagonale nel calcolo del determinante, quando quelle linee dovrebbero aiutare a tenere traccia delle operazioni svolte.

Che soluzioni proponete a questo problema?

Io credo che la miglior cosa fa fare sia imparare la matematica concentrandosi sul fatto che sia un linguaggio, non una sequela di esercizi. Ogni espressione, ogni freccia, ogni uguale sono come parole dal significato importante e preciso. Se guardassimo ad un'espressione algebrica come guardiamo ad una poesia potremmo imparare ad apprezzare il valore di ogni simbolo e usarlo in modo più appropriato e quindi corretto.

Sei d'accordo con me?

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Mio figlio, 8 anni, mi chiede: "papà, si può fare sette quarti?" - "certo che si può, solo che quando ci spartiamo 7 cose in 4 dobbiamo fare dei pezzi, perché non ce ne sono abbastanza per tutti" - "tipo uno e mezzo a testa?" - "tipo, ma possiamo essere più precisi. Immagina di avere 7 tavolette di cioccolato: ne prendiamo uno ciascuno io, tu, mamma e R. Ne avanzano tre. Ciascuno di questi tre lo facciamo in dieci pezzi, 10 stecche, ottenendo 30 pezzi. Se ci spartiamo le stecche, ciascuno di noi ne prende 7. Avanzano ancora 2 stecche, che dividiamo di nuovo in 10 pezzetti, tipo 10 quadratini. Sono 20 e se ce le spartiamo otteniamo 5 quadratini ciascuno. Non avanza più nulla ora" - "ho capito, e come si scrive?” - "sono i numeri con la virgola, i pezzi interi sono a sinistra e i pezzi sempre più piccoli una cifra sempre più a destra. I nostri pezzi sono 1,75 ossia un cioccolato, 7 stecche e 5 quadratini" - "grazie papà"

Mio figlio, 8 anni, mentre inizia a studiare geometria: "papà, ma se la retta non ha un inizio e una fine, allora non esiste. Come fai a disegnarla?”. E io: "hai ragione, non esiste nel mondo della realtà, ma esiste nel pensiero perché puoi pensarla. Se la devi disegnare ti devi accontentare di farne un pezzetto. Si usano quei trattatini per far vedere che non ha inizio e fine"

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Ultimo giorno di lezione in 4A...come fai a non volergli bene?

E meno male che Andrea e Alberto hanno mescolato le acque, così ho potuto dissimulare meglio la commozione...

Vabbè, ma se quest'anno devo piangere allora ditemelo!!!

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Un detenuto condannato alla pena di morte in attesa di esecuzione, ha chiesto come ultimo desiderio una penna e un foglio.

Dopo aver scritto per parecchi minuti, il condannato ha chiamato la guardia carceraria e ha chiesto che questa lettera fosse consegnata alla madre.

La lettera diceva:

“Mamma, se ci fosse più giustizia in questo mondo saremmo in due oggi a essere condannati e non solo io. Sei colpevole tanto quanto me, anzi sei colpevole anche per la vita che perderò.

Ti ricordi quando ho rubato e portato a casa la bicicletta di un ragazzo?

Mi hai aiutato a nasconderla affinchè mio padre non lo scoprisse e non mi punisse.

Ti ricordi quando ho rubato i soldi dal portafoglio del vicino?

Sei stata con me a spenderli, nel centro commerciale.

Ricordi quando hai litigato con mio padre e lui se n’è andato?

Voleva solo correggermi, perchè invece di studiare, avevo copiato il compito all’esame…. alla fine mi hanno scoperto e anche espulso.

Tu ti sei messa contro mio padre, i maestri e io alla fine non ho imparato nulla, oltre che a delinquenziale.

Mamma, io ero solo un bambino, dopo sono diventato un adolescente problematico e ora sono un uomo intollerante e aggressivo.

Mamma, io ero solo un bambino che aveva bisogno di correzione e non di approvazione. Ma comunque io ti perdono!

Chiedo solo che tu faccia leggere questa lettera al maggior numero di genitori nel mondo, affinchè sappiano che hanno la responsabilità di crescere un figlio facendolo diventare un uomo, che potrà agire facendo del bene o del male….

Grazie mamma, per avermi dato la vita e per avermi aiutato a perderla.

Il tuo figlio delinquente

Volevo inoltre ricordarti che:

Chi si rifiuta di punire il figlio, non lo ama. Chi lo ama non esita a sgridarlo. (proverbi 13: 24)

L’ istruzione è l’arma più potente che puoi usare per cambiare il mondo (Nelson Mandela)

Istruzione e rimprovero comincia nei primi anni dell’infanzia e durano fino a l’ultimo giorno di vita (Pitagora)

Educa i bambini, e non sarà necessario punire gli adulti (Pitagora)

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